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Tablet in comodato d’uso per gli studenti: il diritto allo studio non è uno slogan.

In questi giorni è giunta una donazione di 20’000 € al Politecnico, per l’acquisto di tablet e dispositivi informatici destinati a studenti che ne hanno bisogno. La notizia, a dire il vero, non ci pare molto positiva. 

Nel Consiglio di Amministrazione del Politecnico più e più volte, dall’inizio della crisi, abbiamo sollevato il problema degli studenti che non dispongono di hardware e connessioni adeguate, proponendo di distribuire strumenti in comodato d’uso. La proposta è stata sempre rigettata in quanto ritenuto impossibile definire un criterio oggettivo per la distribuzione.

Non comprendiamo quindi perché, con dei soldi provenienti da una donazione di privati (che rappresentano comunque patrimonio di una amministrazione pubblica e sono soggetti ai medesimi vincoli di legge), immediatamente diventi possibile portare avanti la misura. 

Chiarito ciò, riteniamo che la misura, com’è definita, rappresenti un mero slogan per donatori ed Ateneo stesso. 20 mila euro sono una cifra talmente irrisoria da non poter essere definita nemmeno simbolica nel nostro bilancio, che fa programmazioni che arrivano al miliardo di euro. Nella migliore delle ipotesi si potrebbero comprare una cinquantina di dispositivi, nemmeno tanto performanti, soddisfando una ridicola percentuale (meno dell’1%) delle richieste provenienti dai soli studenti della no-tax area, per legge definiti “sprovvisti di mezzi”.

Non nascondiamo un certo stupore in questa politica comunicativa che sta portando avanti il Politecnico, dove si cerca di dare la fallace impressione che l’Ateneo vada avanti grazie a donazioni e fondi privati, quando invece il nostro bilancio è coperto per la stragrande maggioranza dal finanziamento pubblico statale e, in una parte minore ma comunque significativa, dalla contribuzione studentesca.

È del tutto inaccettabile pensare che un Ateneo come il nostro possa anche solo pensare di affrontare il tema delle tutele di studenti e studentesse in difficoltà, in un momento complesso come quello attuale, a partire da una donazione di 20 mila euro. Troviamo addirittura offensivo per tutta la categoria studentesca elaborare dei ‘requisiti’ al fine di poter stilare una graduatoria in grado di distribuire una manciata di dispositivi. Ci sono famiglie che faticano a fare la spesa, che faticano a pagare l’affitto. Servono misure di ben altra portata e tutte le istituzioni dovrebbero collaborare per evitare l’esplosione di una crisi sociale che tanti e tante stanno già affrontando.

Portare avanti misure di diritto allo studio, di didattica e di ricerca con fondi privati lo riteniamo già di per sé ben poco positivo, perché limita la libertà d’azione e rende dipendenti da soggetti il cui interesse non è certo quello collettivo, ma ancor più assurdo è alimentare l’idea del “privato salvatore”, che non corrisponde neanche lontanamente al vero, di fatto svilendo l’importanza politica di un’università pubblica e libera da indirizzi e strumentalizzazioni.

20 mila euro non sono certo da buttare via, e se l’intenzione è di utilizzarli per i servizi agli studenti siamo certi se ne troverà il modo, magari acquistando attrezzature per i LAIB. Di certo non intendiamo avallare quella narrazione che spaccia una simile misura per ‘diritto allo studio’. Le necessità degli e delle studenti sono più che reali: non vogliamo  slogan ma interventi ben più consistenti.

In questo Paese vige il Diritto Costituzionale all’istruzione. E dev’essere lo Stato, con le sue articolazioni, a garantirne l’effettività. Se l’Ateneo davvero intende fornire della strumentazione informatica ai suoi studenti, assecondi le nostre proposte, faccia un immediato stanziamento sul bilancio che, in quanto pubblico e Statale, rappresenta l’unica soluzione realmente significativa.