
Come l’accesso alla cultura, un lavoro sicuro, sostenibile ed equamente retribuito rappresenta un diritto costituzionale.
In questi mesi studenti, lavoratori e famiglie hanno visto il proprio futuro vacillare; all’interno del Politecnico stesso sono numerose le storie di persone dilaniate da questa macchina brutale del lavoro flessibile, dagli studenti ai quali sono richiesti molteplici dispositivi elettronici per la sorveglianza durante gli esami telematici, con un affitto da pagare e senza garanzie di sussidi statali, sino ai lavoratori in subappalto, ora a casa, sottoposti a pesanti decurtazioni da un salario già scarso.
Da settimane ci chiedono di prepararci ad una crisi alla quale nessuno sembra voler dare risposta.
Da settimane ci annunciano, come fosse parte di uno scenario già scritto, che vedremo venir meno posti di lavoro e possibilità di riscatto, ma che dovremo farci trovare pronti.
Da settimane stanno venendo a galla una dopo l’altra le falle nel sistema, la mala gestione dei servizi, i rapporti incerti tra istituzioni, e in tutto questo, a restare schiacciati per primi sono sempre le persone in situazioni difficili, delicate, precarie, che nella società rivestono tristemente il ruolo di ultimi.
Da settimane ci chiedono, ancora una volta, di essere flessibili, di adattarci, di sopravvivere, anche senza garanzie, anche senza salari, anche senza una casa, anche senza salute.
Quello che ci sentiamo di rispondere è che noi di questa macchina non vogliamo essere parte: se queste sono le condizioni alle quali dobbiamo stare, ci ribelliamo. E ci ribelleremo sempre. Finché a pagare questa crisi non sarà chi l’ha costruita, accettando l’insostenibilità di questo modello sociale, guadagnando sulla testa degli altri.
Se non pagherete, ve la faremo pagare.