Come ben noto, nel nostro Paese come altrove, la crisi sanitaria sta avendo risvolti sociali senza precedenti. Ci si aspetterebbe che le amministrazioni pubbliche, dal Governo alle amministrazioni locali, dai ministeri alle Università, fossero tutte in primissima linea, ciascuna nelle sue competenze, per migliorare il Sistema Sanitario e fare interventi ed investimenti finalizzati a calmierare le situazioni di disagio economico.
Abbiamo quindi espresso notevole perplessità quando la settimana scorsa, nel pieno della terribile crisi di posti di ricovero in Piemonte, tra le delibere del Consiglio di Amministrazione è nuovamente comparso il progetto delle Universiadi 2025. Il progetto, promosso da Regione Piemonte, Città di Torino, CUS, Politecnico, Unito, UPO e Governo, consiste in due settimane di attività ludico-sportive nel 2025, ed ha un costo stimato tra i 50 ed i 70 milioni di euro, di cui la stragrande maggioranza proveniente da fondi pubblici.
Si tratta di cifre astronomiche: per dare due termini di paragone, il finanziamento diffuso per la ricerca di docenti e dipartimenti del Politecnico si ferma a 15 milioni, e con 60 milioni di euro si potrebbero dimezzare le tasse universitarie di ogni singolo studente piemontese.
Né i CdA degli Atenei né il Consiglio Comunale, per stessa ammissione di diversi componenti, avrebbero mai approvato un progetto del genere in questo momento storico, ma, purtroppo, si è qui verificata la prima situazione che riteniamo decisamente opaca. Per rendere le delibere più appetibili, i promotori hanno dichiarato di aver accorpato al progetto organizzativo un secondo progetto, relativo agli investimenti edilizi per le residenze atleti. In pratica, anziché appaltare i villaggi atleti a dei privati e poi acquisirli in leasing (come accaduto nelle Olimpiadi 2006), hanno dichiarato di volerli costruire direttamente con ulteriori 95 milioni di euro pubblici, così che, a fine giochi, questi possano rimanere in mano all’EDISU come case per studenti a basso reddito.
Al netto del “ricatto politico” nel legare due delibere decisamente diverse (un investimento in residenzialità assolutamente necessario ed un evento ludico-sportivo certamente non indispensabile), si è nuovamente verificato un fatto opaco: dopo aver sbandierato per mesi tale legame, dei 95 milioni, nel protocollo, non ve ne era menzione! Il nostro stupore è stato condiviso da molti colleghi, tant’è che con i due rappresentanti del CdA di Unito ed il rappresentante nel CdA di EDISU abbiamo immediatamente chiesto che la clausola vincolante venisse integrata. Ebbene, ovunque la richiesta è stata respinta, anche grazie al nostro Rettore che si è espresso in modo contrario.
Per concludere in bellezza, anche la scelta dei posizionamenti delle residenze atleti è avvenuta completamente di nascosto, per di più con criteri francamente opinabili. Tra le varie ipotesi è stato inserito l’Ospedale Maria Adelaide, chiuso nel 2016 contro il parere di tutti i comitati di quartiere; da anni, in particolar modo ora in fase COVID, oggetto di numerose mobilitazioni per la riapertura. Contro un’intera città che chiede più Ospedali, le universiadi intendono coronare la definitiva chiusura del Maria Adelaide e la sua trasformazione in alberghetto / studentato privato (dato che, rinnoviamo, l’investimento in residenze pubbliche NON è stato inserito nei vincoli del protocollo!)
Arrivati a questo punto, possiamo solo comunicare a tutti un messaggio ben chiaro: noi studenti universitari con le universiadi non c’entriamo niente. Avremmo preferito che quei 50 milioni andassero in ricerca ed in diritto allo studio, avremmo preferito che il Maria Adelaide rimanesse un ospedale. Questa manifestazione non è frutto di un dialogo tra le parti, ma di una forzatura ad opera di quel vecchio sistema di logiche di potere cittadino chiamato “Sistema Torino”, che sembra essere disposto a tutto pur di avere qualche milione in più da gestire. Arrivati a questo punto, chiediamo perlomeno di non associarle al nostro nome: chiamatele GERIATRIADI!
Ps: un paio di specifiche più tecniche onde evitare repliche pretestuose
1) Una menzione sulla residenzialità è in effetti presente nel protocollo, ma non nei vincoli (Art. 3) bensì nelle premesse (Art. 1). La menzione si riferisce ad una generica intenzione nell’attivare investimenti pubblici, senza prescriverne l’obbligatorietà, la quantificazione o l’esclusività. In pratica dei 95 milioni necessari per le residenze atleti, potrebbero essercene anche solo 5 pubblici e 90 privati, e quindi lo Stato potrebbe ritrovarsi (come nelle Olimpiadi) ad essere semplice co-finanziatore, ma l’affidamento rimarrebbe al privato.
1bis) Le residenze Olimpiche talvolta ospitano residenti EDISU, ma questo avviene perché in realtà EDISU le affitta a carissimo prezzo dai privati che le hanno pagate in cambio dei diritti di concessione. Il costo a posto letto del Piemonte, anche a causa di queste logiche, è doppio di quello di altre regioni virtuose come la Toscana.
2) I CdA degli enti citati hanno in realtà approvato le modifiche da noi richieste, che ne prescrivevano l’obbligatorietà. Peccato che tali modifiche NON siano state inserite nel protocollo (come richiesto da noi e dagli altri rappresentanti degli studenti citati), ma bensì nelle delibere interne degli Organi, che, come arcinoto in giurisprudenza, non hanno alcuna efficacia nell’ambito di un contratto con terzi.
3) Il contratto non menziona ipotesi di “uscita anticipata” per volere di singoli componenti, per cui sarà estremamente difficile, e probabile oggetto di contenzioso, che senza le residenze pubbliche il percorso possa essere bloccato da qualcuno. Non sono infatti previsti particolari vincoli in questi termini (Art. 3) per l’invio della candidatura, ed è sancito che qualora la candidatura fosse approvata il comitato promotore si trasformi incondizionatamente in comitato organizzatore.