
Questa mattina è stata annunciata la candidatura di Torino alle Universiadi del 2025.
Nelle scorse settimane avevamo evidenziato tutte le criticità che questa candidatura presenta. Regione, Comune e Atenei, infatti, stanno ipotecando decine di milioni di soldi pubblici senza che esista nessun tipo di piano, strategia, progetto.
Siamo molto sorpresi dalla notizia anche perché il Rettore del Politecnico, Guido Saracco, aveva garantito che senza l’appoggio della propria comunità accademica non avrebbe intrapreso questo ostico percorso. Invece, senza alcuna consultazione con gli organi di governo e con le rappresentanze di studenti, docenti e personale, Saracco lancia la candidatura, forse una prova generale per un futuro di calibro maggiore. Troviamo politicamente grave che prima vengano sedate le (poche) discussioni con la promessa una scelta condivisa, salvo poi proseguire senza alcuna discussione. A prescindere da come la si pensi sul tema Universiadi, siamo convinti che la nostra comunità accademica debba criticare un simile iter.
Troviamo del tutto fuori luogo che il Politecnico, accademia in cui si cerca di insegnare la cultura del progetto, della pianificazione e del valore scientifico di ogni scelta tecnica, si lanci a occhi chiusi in un progetto simile. L’unica cifra presentata è quella di “50/55 milioni, ma possiamo spendere anche meno”. Le due universiadi più recenti, quelle svolte nel 2019, hanno avuto ben altri costi: per la manifestazione estiva (Napoli) si parla di oltre 250 milioni di euro, per quella invernale (Krasnojarsk, Russia) di oltre 600 milioni di dollari.
Se il tema della residenzialità universitaria è cosi importante, perché viene tirato fuori sola ora nascondendo le evidenti carenze progettuali sul tema Universiadi? Si tratta di una becera strumentalizzazione delle disperate necessità di tanti e tante che vedono negato un proprio diritto. Le politiche abitative di Atenei e amministrazioni comunali hanno sempre fatto l’occhiolino a privati pronti a lucrare sulle necessità dei fuori sede. Abbiamo una città che svende il proprio patrimonio immobiliare pubblico e favorisce la costruzione di residenze private di ‘lusso’ (realizzate sempre dai soliti soggetti) che drogano il mercato immobiliare sparando i prezzi sempre più in alto. La tanto celebrata ‘eredità olimpica’, ovvero residenze costruite grazie alla collaborazione pubblico-privato, si traduce nel dato di fatto che Torino è una delle città italiane con i più alti costi di gestione della propria residenzialità universitaria. La stessa vicenda della mensa Borsellino nasce dal diritto maturato dal costruttore di sfruttare economicamente la residenza costruita. Perché si parla di nuove residenze solo in occasione delle candidature ai grandi eventi, con tutte le conseguenze che questo malato paradigma comporta? Anche qui è utile guardare al passato: la manifestazione di Napoli ha ospitato migliaia di studenti atleti all’interno di una nave da crociera, e il tema della sport universitario si è ridotto alla ristrutturazione di alcuni palazzetti dello sport comunali.
Stiamo affrontando quella che forse è la peggior crisi economica del secolo. Troviamo assurdo lanciarci al buio in una impresa potenzialmente così costosa quando Torino garantisce meno della metà dei posti letto necessari agli aventi diritto. Troviamo assurdo che il ‘sistema Torino’ non abbia imparato nulla dagli sbagli compiuti per le Olimpiadi 2006, in primis rispetto al rapporto con privati per la costruzione di residenze. Ma soprattutto troviamo assurdo spendere tutti questi soldi pubblici in una grande manifestazione sportiva, quando il costo dello sport per studenti e studentesse, lavoratori e lavoratrici, cittadini in generale, è ancora talmente elevato da essere inaccessibile ai più.
L’obiettivo è promuovere la cultura dello sport, della socialità e della salute, o alimentare i soliti interessi di pochi?